Il fatto di pensare a quello che potrebbe accadere e di provare un sentimento di paura più o meno intenso è una cosa comune a tutti. Ma per alcune persone è una condizione continua e totalizzante, al punto da trasformare ogni evento della vita quotidiana in una minaccia. Gli impegni diventano ostacoli insormontabili, gli imprevisti danno forma a scenari catastrofici e l’ansia cresce a dismisura. Nei casi peggiori esplodendo in attacchi di panico.
Ma perché accade? Qual è l’innesco e com’è possibile smettere di preoccuparsi inutilmente?
Preoccuparsi vs occuparsi
La preoccupazione fa parte della natura dell’uomo ed è un “meccanismo di sopravvivenza”. L’idea che possa accadere qualcosa di negativo o pericoloso porta a elaborare strategie adeguate per affrontare un’avversità o limitare un rischio. Il problema è quando il pensiero “utile” diventa rimuginio fine a se stesso e non è seguito dall’azione. La preoccupazione per qualcosa di reale si trasforma nella prima tessera di un domino di scenari sempre più angoscianti e si finisce per restare imprigionati in un groviglio inestricabile di pensieri e paure senza fondamento.
L’ansia prende il sopravvento e impedisce di vedere le cose per quello che sono davvero. I problemi si amplificano e si moltiplicano e il futuro assume contorni spaventosi. Ma la verità è che si tratta di un’anticipazione di qualcosa che non necessariamente avrà i contorni disegnati dalla preoccupazione. Immaginare degli possibili scenari ha senso quando si parte da dati concreti e ci si attiene ai fatti, invece l’overthinking è un processo del tutto irrazionale.
Il pensiero di quello che potrebbe accadere non è qualcosa di reale, eppure ha conseguenze molto concrete. Il rimuginio finisce per insinuarsi in ogni spazio dell’esistenza e per consumare la maggior parte del tempo e dell’energia del quotidiano (se non tutta). In altre parole, preoccuparsi impedisce di occuparsi del qui e ora e di costruire il futuro che si vuole.
Come smettere di preoccuparsi
Ma come si fa a fermare l’onda del rimuginio prima che diventi uno tsunami? Può sembrare un controsenso, ma il primo e fondamentale passo consiste nell’accettare le preoccupazioni. Attenzione, però. Questo non vuole dire abbandonarsi all’overthinking, bensì prendere atto in maniera oggettiva e razionale dei pensieri negativi. Tale processo permette di mettere a fuoco l’oggetto dell’apprensione, di identificare la sua origine e di “ridimensionare” la componente ansiogena.
Identificare e contestualizzare ciò che genera preoccupazione è cruciale perché porta a distinguere tra quello che è sotto il proprio controllo e quello che non lo è. Se a dare forma ai pensieri negativi è qualcosa sui cui si può intervenire in maniera concreta e si può gestire, bisogna “occuparsene” e “non preoccuparsene”.
Se si ha paura di non poter affrontare una spesa imprevista perché non si può contare su entrate sufficienti, è possibile – è necessario – agire per cambiare le cose. Le soluzioni non mancano: si può cercare un nuovo lavoro, affrontare con il capo la questione retribuzione che si continua a rimandare, verificare se sia possibile mettere in pratica una strategia di risparmio e via dicendo. Continuare a pensare a quello che potrebbe accadere e alle conseguenze che potrebbe causare non solo non serve a niente, ma blocca in un nulla di fatto che alimenta l’ansia.
Se invece la causa della preoccupazione è qualcosa che sfugge al controllo, bisogna “lasciare la presa” e seguire la corrente. In altre parole, è necessario prendere atto che alcune cose si devono accettare così come sono, per quello che sono.
La guerra o un terremoto sono eventi sui quali non si può agire e non ha senso rimuginare sul fatto che potrebbero accadere e potrebbero avere delle conseguenze drammatiche. Pensarci di continuo, in maniera ossessiva, non influenza in alcun modo la loro realtà, ma rende la propria esistenza un pantano di ansia, paura e infelicità.
Smettere di preoccuparsi: una questione di buone abitudini
Il fatto è che i pensieri negativi e ansiogeni sembrano avere una particolare capacità di infilarsi nelle più piccole fessure del quotidiano e di crescere a dismisura fino a occupare ogni spazio. Ma la verità è che a lasciarli entrare sono le cattive abitudini e i comportamenti sabotanti che ciascuno – in maniera diversa – mette in pratica ogni giorno.
Pensare solo al lavoro, non dedicare tempo alle relazioni (familiari, di amore e amicizia), condurre una vita disordinata porta a perdere di vista se stessi, il proprio benessere e la propria felicità e spalanca la porta alle preoccupazioni. Per (ri)chiuderla è necessario (ri)trovare l’equilibrio.
Il modo per riuscirci passa da piccole e grandi buone abitudini come darsi degli obiettivi realistici e organizzare le proprie giornate in maniera da avere spazio per sè e per i propri interessi. Coltivare i rapporti personali, essere aperti alle novità e al cambiamento, riconoscere di avere bisogno di aiuto e chiederlo senza vergogna sono altri comportamenti che aiutano a tenere lontani i pensieri negativi e a non cadere nel loop infinito della preoccupazione e dell’ansia.
A cura di: Patrizia Saolini
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