Quante cose riuscite a fare contemporaneamente e quante altre vorreste riuscire a fare ancora? Attraverso la presenza sempre più pervasiva della tecnologia e dei media, i ritmi frenetici e una competitività esasperata, la società moderna incoraggia a essere multitasking.
Ma quali risultati porta svolgere più attività insieme? E prima ancora, è davvero utile mandare mail e messaggi, telefonare, gestire gli impegni di famiglia, rispondere a qualche richiesta, firmare un documento tutto nello stesso tempo o si tratta di un grande inganno?
Perché essere multitasking oggi è un valore?
La parola “multitasking” deriva dall’inglese ed è una definizione del mondo dell’informatica che indica la capacità di un sistema operativo di eseguire più compiti (task) contemporaneamente. È intuitivo che questo metodo porta a ottenere un maggior numero di risultati in minor tempo e pertanto l’abilità di occuparsi di più cose in parallelo è diventata una qualità personale da ricercare, sviluppare e incentivare.
Di pari passo con l’evoluzione della tecnologia, che ha calato la società in una realtà iperconnessa, e con il consolidarsi di un sistema di valori basato sulla produttività e il successo, essere multitasking ha assunto la forma di un “vantaggio selettivo” che permette di gestire l’incessante bombardamento di informazioni, stimoli e impegni in maniera positiva, efficace e produttiva.
Ma il multitasking è davvero una strategia adattativa vincente? Se a prima vista e nell’immediato può sembrarlo, a uno sguardo più attento e sul lungo periodo mostra diversi “bug”.
I pro del multitasking
Il multitasking viene considerato un valore perché permette di rispondere in maniera puntuale alle molteplici sollecitazioni della realtà quotidiana e di gestire più attività contemporaneamente risparmiando tempo.
A livello lavorativo, questo si traduce nella capacità di affrontare in maniera positiva e costruttiva situazioni complesse e di conseguenza di essere più performanti. Allo stesso modo, nella sfera privata, il multitasking consente di essere recettivi e reattivi sui vari fronti della quotidianità.
Invece, a livello speculativo, da un progetto di ricerca presentato nel 2014 al meeting nazionale dell’American Academy of Pediatrics da due studentesse di 17 e 18 anni della Oregon Episcopal School di Portland, è emerso che alcuni adolescenti nativi digitali “multitasking ad alto contenuto multimediale” erano più performanti nell’eseguire più attività contemporaneamente rispetto a concentrarsi su una sola.
Anche uno studio della Università della California pubblicato nel 2017 sulla rivista Psychological Science ha segnato un punto a vantaggio della consuetudine di fare più cose alla volta, dimostrando che quando l’attenzione è suddivisa su più compiti, la memoria tende a individuare e trattenere i dati più importanti. Tuttavia, questo significa anche che le informazioni ritenute “accessorie” vengono scartate, con una perdita di eperienza e conoscenza che non è definibile in termini di quantità, sostanza e utilità.
I contro del multitasking e la riscoperta del monotasking
Fare tanto, fare bene e fare in fretta. Il mito del multitasking continua a condizionare profondamente la società. Ma a quanto pare, non è tutto oro quello che luccica.
Se i sociologi pensano da tempo che per un individuo sia impossibile elaborare più di una “stringa” di informazioni alla volta, adesso vari studi scientifici dimostrerebbero che eseguire più compiti contemporaneamente porta a risultati mediocri o insufficienti e a conseguenze negative a livello fisico e mentale.
Una ricerca condotta nel 2009 alla Stanford University ha evidenziato che coloro che lavorano in modalità multitasking hanno un livello di concentrazione più basso e fanno maggiore fatica a organizzare e archiviare le informazioni. Inoltre e per certi versi in maniera inaspettata, non riescono a passare velocemente da un’attività all’altra.
Invece, altri due studi dell’Università del Sussex e dell’Università di Dallas sui “multitasker” hanno rilevato una variazione della materia grigia in un’area specifica del cervello e un aumento della quantità di cortisolo che sono risultati correlati a una maggiore sensibilità ad ansia e depressione e a elevati livelli di stress.
Per tutte queste ragioni, ultimamente si sta facendo strada una nuova consapevolezza, che promuove un approccio meno frammentato e frenetico alla realtà, la valorizzazione del time management (per esempio, con la tecnica del pomodoro) e la definizione di obiettivi efficaci da perseguire uno alla volta.
A cura di: Patrizia Saolini
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