Essere intelligenti è sufficiente per avere successo nella vita ed essere felici? Sapere apprendere e memorizzare nozioni e risovere problemi teorici è senza dubbio utile e importante, ma non basta. È la capacità di entrare in risonanza con se stessi e con gli altri e di gestire le proprie e altrui emozioni a fare la differenza.
Questa abilità prende il nome di intelligenza emotiva ed è un requisito fondamentale per sviluppare relazioni solide, profonde e positive nella sfera privata e in quella professionale.
Cosa significa intelligenza emotiva
Il dibattito sull’intelligenza emotiva esiste da tempo. I primi a parlarne sono stati gli psicologi americani Peter Salovey e John D. Mayer in un articolo del 1990 dal titolo Emotional Intelligence. Ma colui che più di tutti ha sviluppato l’argomento in maniera organica e approfondita e che lo ha fatto conoscere al grande pubblico è stato lo psicologo, scrittore e giornalista statunitense Daniel Goleman.
Nel suo celebre libro del 1995, Intelligenza emotiva, Goleman spiega che la conoscenza di sé, la persistenza e l’empatia sono prodotti dell’intelligenza umana e nel loro insieme costituiscono l’intelligenza emotiva. In altri termini, lo psicologo afferma che l’intelligenza emotiva è quella capacità che consente di riconoscere i propri sentimenti e quelli degli altri e di gestire le emozioni in modo efficace.
Perché è importante l’intelligenza emotiva
L’intelligenza emotiva è considerata una abilità sempre più importante nel mondo del lavoro. Secondo il Workplace Trend 2018 del Gruppo Sodexo, il 34% degli headhunter la ritiene un requisito primario ai fini del processo di selezione. Ma perché ha tanto valore?
La presenza di un QI elevato, il possesso di molte conoscenze e competenze e la capacità di acquisirne sempre di nuove non garantiscono da soli un dipendente o un capo capace, collaborativo e di successo. È la componente emotiva a fare la differenza. Ovvero, la capacità di ascoltare se stessi e gli altri, di creare relazioni positive e disinnescare i conflitti e di lavorare all’interno e all’esterno di sé per il bene comune e l’armonia sociale.
Gli impiegati, i manager e i leader di successo possiedono una grande intelligenza emotiva, che li supporta nel mettere a frutto le loro capacità in un’ottica di rispetto, condivisione, confronto e crescita personale e collettiva, nel gestire al meglio lo stress e le situazioni più scomode e difficili e nel creare un ambiente di lavoro inclusivo, sereno e vincente.
Ovviamente, l’intelligenza emotiva riveste un ruolo primario anche nella sfera privata. La capacità di leggere, interpretare e gestire le proprie e altrui emozioni è cruciale per la crescita, lo sviluppo e il miglioramento personali, così come per instaurare relazioni sane, profonde e arricchenti.
Come sviluppare l’intelligenza emotiva
L’intelligenza emotiva è a tutti gli effetti una competenza e come tale è possibile allenarla e svilupparla. A tale proposito, Daniel Goleman ha individuato 5 aree costitutive:
- Autoconsapevolezza o autocoscienza: la capacità di riconoscere e interpretare le proprie emozioni e di restare coerenti con i propri valori.
- Autogestione: la capacità di individuare i propri obiettivi, di gestire lo stress e di creare condizioni e situazioni positive, costruttive e arricchenti.
- Automotivazione: la capacità di perseguire i propri obiettivi con determinazione, costanza ed efficacia.
- Consapevolezza o coscienza sociale: la capacità di riconoscere e interpretare le emozioni degli altri e di empatizzare con i loro valori.
- Gestione delle relazioni o comunicazione: la capacità di creare connessioni sane e reali, di risolvere i conflitti e di instaurare un dialogo costruttivo, motivante e ispirante.
Lavorare in maniera continuativa su tutte le aree (non una sola o alcune) permette di incrementare e potenziare l’intelligenza emotiva e ha ricadute benefiche sia sulla sfera privata che su quella professionale.
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