Quando si arriva in un ufficio nuovo o si inizia un lavoro, la preoccupazione di piacere al capo e ai colleghi è un dato di fatto. Ma nel momento in cui essere apprezzati e stimati si trasforma in un pensiero fisso e un bisogno totalizzante, che va oltre la volontà di fare bene per se stessi e nell’interesse comune, allora diventa un problema.
La ricerca costante e ossessiva di approvazione sul lavoro porta a cambiare la propria natura in base a quello che si crede vogliano gli altri, tradendo se stessi e innescando un circolo vizioso di stress, delusione e frustrazione, che finisce per avere un’influenza negativa non solo sulle performance, ma anche sulle relazioni. In altre parole, il bisogno di piacere a tutti in ufficio, in azienda, tra partner e collaboratori conduce esattamente al risultato opposto.
Da dove nasce questa necessità e come è possibile evitare di fare diventare la preoccupazione di piacere agli altri sul lavoro un comportamento dannoso e controproducente a livello personale e professionale?
Perché si vuole piacere a tutti sul lavoro
Da dove nasce la preoccupazione di dover piacere a tutti sul lavoro? La necessità costante e imprescindibile di ottenere stima e benevolenza nella sfera professionale (e in generale nella vita di ogni giorno) è il risultato di due mancanze.
Da una parte c’è una bassa autostima, che deriva da una consapevolezza di sé carente o del tutto assente e ha come conseguenza una scarsa fiducia nei propri mezzi e nelle proprie competenze e la ricerca di conferme all’esterno. Dall’altra c’è il bisogno di essere accettati, dettato dalla paura di essere esclusi dalle dinamiche “che contano” e dalla convinzione che non fare parte di una certa cerchia o comunità precluda l’accesso a opportunità di crescita e successo.
Insieme, la bassa autostima e il bisogno di essere accettati innescano un meccanismo che porta a modellare se stessi sulle esigenze e le aspettative degli altri (o per meglio dire, quelle che si credono essere le esigenze e le aspettative degli altri), fino a perdere completamente di vista la propria personalità e la propria volontà e a trasformarsi in un fantoccio in balia delle correnti.
La differenza tra piacere a tutti e contribuire a un clima positivo sul lavoro
Piacere a tutti sul lavoro non è possibile ed è un approccio che se può portare qualche risultato nel breve periodo, a lungo termine si rivela fallimentare. Ma è importante fare un distinguo.
Andare incontro al capo e ai colleghi, smussare gli spigoli del proprio carattere e cercare dei compromessi funzionali al bene comune dimostra intelligenza sociale e capacità di adattamento, portando risultati positivi sia a livello professionale che personale.
Invece, cambiare completamente il proprio modo di essere e di fare in base alle condizioni degli altri, mostrarsi accondiscendenti fino a diventare servili e non essere capaci di mettere dei paletti non solo fa sembrare, ma fa diventare insicuri, privi di spirito critico e fondamentalmente inaffidabili. E chi vorrebbe lavorare con qualcuno che non ha idee sue, cambia opinione come una banderuola ed è paralizzato dalla responsabilità di prendere delle decisioni?
In altre parole, agire con intelligenza ed equilibrio, senza rimanere immobili sulle proprie convinzioni e posizioni, ma anche senza snaturare in modo radicale se stessi, è la chiave per creare un clima positivo e di collaborazione e “piacere” (in modo sano e costruttivo) al capo, ai colleghi e alle persone con le quali ci si trova a interagire per lavoro. Al netto delle inevitabili differenze di vedute e discussioni che fanno parte degli ambienti professionali e che contribuiscono alla loro vivacità e al loro sviluppo.
Come superare la preoccupazione di dover piacere agli altri sul lavoro
Superare la preoccupazione di piacere a tutti in azienda o in ufficio e trasformarla in uno stimolo per creare un ambiente di lavoro positivo e collaborativo è possibile.
Per riuscirci è necessario fare un passo indietro e mettere in discussione se stessi per (ri)costruire o sviluppare la propria autostima e (ri)trovare consapevolezza e fiducia di sé. Sapere chi si è, cosa si vuole, cosa si è disposti a fare per raggiungere il proprio obiettivo e su quali mezzi si può contare mette al riparo dalla tentazione di comportarsi come i camaleonti e fa adattare con intelligenza e in modo costruttivo alle persone e alle situazioni.
In altre parole, la conoscenza e la sicurezza di sé consentono di stabilire i paletti che servono e dire i “no giusti”, conservando se stessi e la propria integrità, ma in maniera flessibile e aperta al cambiamento.
A cura di: Patrizia Saolini
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