La maieutica è il cosiddetto “metodo socratico”, ovvero il procedimento con il quale il filosofo greco conduceva i suoi allievi a raggiungere la conoscenza. Socrate non insegnava nulla ai propri discepoli, ma li stimolava a liberarsi delle false credenze e a “tirare fuori” i propri pensieri per raggiungere la verità.
Ma cosa c’entra – se c’entra – la maieutica con il coaching? Alcuni elementi – in primis l’impiego di domande ad hoc – portano ad accostare le due metodologie. Tuttavia, la questione è più complessa e sfumata di ciò che appare.
Cos’è la maieutica
La parola “maieutica” deriva dal greco e letteralmente significa “arte della levatrice”. A farla diventare la definizione per indicare un metodo d’indagine basato sul dialogo è stato Socrate. O per meglio dire: è stato Socrate per mano di Platone. Il filosofo è il protagonista di molte delle opere scritte dal proprio discepolo e nel Teeteto paragona sé stesso alle donne che aiutano le puerpere a partorire. Solo che non fa nascere bambini, bensì pensieri e “verità”:
Ora, la mia arte di ostetrico in tutto il rimanente rassomiglia a quella delle levatrici, ma ne differisce in questo: opera su gli uomini e non su le donne e provvede alle anime partorienti e non ai corpi.
Al pari delle levatrici, che nell’antichità erano le donne “che generare non possono più”, Socrate dice di sé di essere “sterile di sapienza” e spiega che i suoi allievi non imparano nulla da lui, ma “scoprono e generano molte cose belle” da loro stessi.
Il “parto” avviene per mezzo di “brevi domande e risposte”, che conducono gli allievi a “tirare fuori” la conoscenza che hanno dentro di sé.
Tutte queste cose portano – inevitabilmente – a pensare che la maieutica e il coaching abbiano molto in comune. Ma è davvero così? Per capirlo può essere utile riflettere sugli elementi di somiglianza e differenza.
La maieutica e il coaching: le differenze
L’uso delle domande per innescare un percorso di riflessione è considerato uno dei principali punti di contatto tra i due metodi. Ma la verità è che i quesiti che pone Socrate sono per lo più chiusi, mettono “urgenza” agli allievi e conducono in una direzione che non è libera ma vincolata.
Un’altra importante diversità è rappresentata dalla definizione degli obiettivi. Da un lato, il dialogo tra il filosofo e i suoi allievi procede per un “flusso di coscienza” e non esistono quelli che nel coaching sono l’obiettivo di “sessione” e l’obiettivo di “percorso”. Dall’altro è Socrate che – di fatto – stabilisce l’obiettivo del confronto e il percorso per raggiungerlo. Questo comportamento è incompatibile con la figura del coach e porta dalla parte opposta rispetto alle finalità del coaching: l’allievo non segue una strada propria e non si definisce da sé, ma viene “indirizzato” e “plasmato”.
Un ulteriore elemento di differenza tra la maieutica e il coaching è che l’una conduce a una conoscenza epistemologica, mentre l’altro porta a identificare un percorso per raggiungere la consapevolezza. Inoltre, il metodo socratico parla di “verità” che esistono già nell’anima degli allievi. Il coaching, invece, parte dal presupposto che non ci sia niente di certo e preesistente.
La maieutica e il coaching: i punti di contatto
Il fatto che Socrate stabilisca l’obiettivo del dialogo e il percorso per raggiungerlo lo pone al di sopra dei suoi allievi e annulla uno dei postulati fondamentali del coaching: la parità tra coach e coachee. D’altra parte, però, il filosofo dichiara di essere “tutt’altro che sapiente”, cosa che lo mette allo stesso piano dei suoi allievi e riallinea la maieutica al coaching (almeno in linea di principio).
In tal senso, è interessante notare come – proprio di recente – l’International Coaching Federation abbia introdotto una nuova linea guida per il livello MCC, relativa all’importanza di stabilire una relazione di “equal partnership”. L'”equality” crea un livello di intimità molto più profondo tra coach e coachee e si configura come uno strumento di esplorazione e crescita personale molto potente.
La (reale) posizione di Socrate è uno snodo cruciale nel dibattito sulle somiglianze tra le due pratiche, ma dare una risposta certa è impossibile. Il pensiero e il metodo del filosofo sono mediati per intero da Platone e nelle varie opere di quest’ultimo è possibile cogliere sfumature diverse e talvolta vere e proprie incongruenze dovute alla sua evoluzione di persona e teoreta.
Scegliendo di accettare che Socrate sia “colui che non sa” e si ponga al livello dei suoi allievi, la maieutica e il coaching rivelano diversi punti di contatto. Oltre ad avere un rapporto paritario con i discepoli, il filosofo come il coach non è giudicante e non suggerisce le risposte, ma stimola ciascuno alla ricerca delle proprie.
Il metodo socratico porta a mettere in discussione le certezze e a tirare fuori i pensieri più autentici. Inoltre, stimola a riflettere su sé stessi e le proprie risorse e ad andare sotto la superficie, innescando un processo virtuoso di apprendimento e di crescita a ogni livello.
A cura di: Patrizia Saolini
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